
La recente entrata in vigore delle norme sui sacchetti ultraleggeri, ha riportato alla ribalta l’obbligo da parte degli esercenti di applicarne il costo al consumatore e di evidenziarne il valore sullo scontrino al momento dell’acquisto della merce.
L’obbligo ha generato non poche perplessità perché il costo viene applicato anche a buste che, in quanto potenzialmente riutilizzabili a tempo indeterminato, molto spesso vengono conservate a casa dopo l’acquisto non generando quindi rifiuti. Vi è in particolare da parte dei rivenditori specializzati di prodotti elettronici – e di molti commercianti di beni costosi – l’imbarazzo nel vedersi obbligati a chiedere ai clienti, che hanno magari speso più di 1.000 euro per uno smartphone di ultimissima generazione, il pagamento dei pochi centesimi relativi al costo di un sacchetto di plastica. D’altro canto, il sacchetto è necessario a rendere sicuro il trasporto di un bene di rilevante valore che altrimenti potrebbe cadere e danneggiarsi.
Alla luce di tutto questo Aires, l’Associazione Italiana Retailer Elettrodomestici Specializzati, ha fatto alcune considerazioni e individuato una possibile soluzione al problema.
Questa interpretazione risponde anche alle sollecitazioni pervenute da Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, che nei giorni scorsi ha invitato le imprese della distribuzione a farsi carico di questi costi e tenere i clienti indenni dagli oneri ecologici, ferma restando l’attività di sensibilizzazione derivante dalla indicazione del valore del sacchetto nello scontrino.