Sono anni che le PMI viaggiano sulle montagne russe, tra permacrisi, situazione geopolitica, pandemia, crisi dell’automotive, recessione tedesca, transizioni industriali e gli evergreen italiani legati a cuneo fiscale, fiscalità e burocrazia.
Secondo i dati di API, l’Associazione delle piccole e medie industrie di Milano, Monza, Pavia, Lodi e Bergamo, solo nell’ultimo anno hanno chiuso circa 1120 imprese manifatturiere, nelle province di Milano, Monza Brianza e Lodi.
“Non si arresta la deindustrializzazione del nostro Paese e, se ipotizziamo una media di 10 dipendenti, parliamo di oltre 11000 persone costrette a cercare un nuovo lavoro”, ha dichiarato Alberto Fiammenghi, presidente di API, nel proprio intervento di fine 2024. “Tutto questo avviene silenziosamente perché non si calcola l’impatto dei tanti piccoli numeri che creano una voragine nel nostro tessuto produttivo. Come imprenditori, sentiamo che si è rotto qualcosa, il patto di fiducia pubblico-privato su cui fare affidamento per lo sviluppo e il mantenimento del tessuto industriale. Una sorta di cortocircuito nel sistema”.
Linee guida per una nuova politica industriale
Bisogna comprendere la causa di questa situazione e prendere misure adeguate per porvi rimedio. “In API ci confrontiamo spesso su come reagire e costruire una strategia industriale condivisa che valorizzi le PMI”, ha proseguito Fiammenghi. “Lo chiediamo da anni e finalmente, a seguito della consultazione pubblica di questi mesi, nel febbraio del 2025 sarà pubblicato il “Libro Bianco per una nuova strategia di politica industriale per l’Italia”. Perché senza le PMI – che ricordo essere il 97% delle imprese manifatturiere attive – il Paese non si sostiene”.
Ma altri problemi rimangono irrisolti, come l’annoso tema della sicurezza sul lavoro e le tragedie di cui ancora troppo spesso si legge sui giornali. Scegliere consulenti capaci, verificare lo stato della propria azienda, fare formazione, assumersi la propria responsabilità per avere un luogo di lavoro sano e sicuro è un dovere, secondo Fiammenghi. “Non si tratta di costi, ma di investimenti sulle persone, sulla continuità e sul valore aziendale”, ha sottolineato il presidente di API.
Un altro tema importante riguarda complessità di trovare giovani da inserire in azienda. In Italia l’incremento dell’occupazione giovanile registra tassi superiori rispetto alla media europea, ma i neet sono troppi: quasi un milione e mezzo di persone tra i 15 e i 29 anni.
Le attività degli associati API per il 2025
Ma, per fortuna, non è tutto negativo e Alberto Fiammenghi ritiene che: “Le opportunità sono infinite, anche se le imprenditrici e gli imprenditori fanno più “story doing” che “story telling”. Bisogna raccontarsi, condividere, partecipare. Se costruiamo insieme e investiamo sull’ecosistema – ognuno per la propria parte – il cortocircuito si interrompe”.
Lo dimostra il sentiment degli associati API per il 2025, che testimonia come, nonostante le paure e le incertezze: il 37% è impegnato principalmente nella ricerca di giovani da inserire in azienda, che possano supportarli nelle transizioni digitale e green; il 16% sta lavorando per aprire nuovi mercati; il 13% ha intenzione di innovare attraverso Transizione 5.0, risorse proprie o fondi del PNRR; il 10% ha aumentato le esportazioni. Il restante 24% è maggiormente impegnato in percorsi formativi, nella tenuta del proprio mercato e nel consolidare gli investimenti fatti negli anni precedenti.
“Tra gli intervistati, l’88% si avvale di API nel perseguire questi obiettivi”, si è avviato a concludere Alberto Fiammenghi. “Un risultato lusinghiero, ma mai soddisfacente. Vogliamo che tutti gli associati possano servirsi delle competenze multidisciplinari e degli esperti messi a loro disposizione. Da ultimo, vorrei rivolgere un pensiero ai giovani: lasciatevi coinvolgere nel settore manifatturiero, nell’Italia che produce, nel made in Italy; credete nel patto generazionale!
Abbiamo bisogno di ragazzi e ragazze a cui insegnare il mestiere di imprenditore affinché possano declinarlo con le loro competenze e stili. Così da far nascere nuove imprese, nuovi manufatti, nuovi posti di lavoro e investire nel territorio e nella comunità di riferimento. Credere nelle PMI manifatturiere e di servizio alla produzione significa investire nella prosperità del Paese e di ciascuno di noi”.