Il sustainability manager e i quattro pilastri della sostenibilità

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Prodotti green, ottimizzazione della produzione, riduzione dell’impatto ambientale, acquisizioni strategiche e progetti per il benessere dei dipendenti. Questa la sostenibilità in Sirmax, che ora punta alla certificazione etica SA 8000

di Nadia Anzani

Soddisfare e, se possibile, anticipare le esigenze del cliente. Questo il plus alla base della crescita di Sirmax, azienda specializzata nella produzione di granuli termoplastici destinati ai settori automotive, elettrodomestici, elettronica, ma anche edilizia e arredamento. Ed è sempre seguendo questo principio che, nel 2019, l’azienda di Cittadella (Padova) ha deciso di investire 100 milioni di euro in sostenibilità partendo con due acquisizioni strategiche per centrare gli obiettivi green messi in programma.

«In quell’anno, infatti, abbiamo acquisito prima la società veneziana Microtec, specializzata nella produzione di compound compostabili e biodegradabili, e poi la Società Europea di Rigenerazione (S.E.R.), oggi Sirmax New Life, con sede a Salsomaggiore Terme, a pochi chilometri di distanza da Parma, e con un plant dedicato al riciclo dello scarto post consumo», racconta Leonardo Forner, responsabile sostenibilità del gruppo. «Scelte che ci hanno consentito di fidelizzare i clienti storici e di acquisirne di nuovi in un mercato sempre più attento alle tematiche ambientali».

Come mai avete deciso di acquisire una società che si occupa di riciclo post consumo quando sul mercato ce ne sono diverse a cui appoggiarsi?

Leonardo Forner, responsabile sostenibilità del gruppo Sirmax

Per garantirci alti standard di qualità del prodotto, in linea con quelli che da sempre caratterizzano Sirmax.

Una scelta che si è dimostrata vincente, tanto che abbiamo ampliato le linee di produzione di Sirmax New Life affiancando a quella del polietilene ad alta densità quella del polipropilene, che è il core business della nostra azienda.

E qualche anno dopo abbiamo esportato questo modello anche nella nostra sede americana di Anderson, in Indiana, dove, dal 2016, vengono prodotti compound di polipropilene.

In questo modo siamo riusciti ad avere recycling e compounding nelle vicinanze l’uno dell’altro, per un’integrazione ottimale della catena di fornitura.

Sulla strada della sostenibilità avete anche deciso di cambiare i vostri processi produttivi e di filiera?

Sì. Il primo passo fatto è stato quello di analizzare e misurare i dati dell’azienda in termini di consumi energetici e di produzione per poi identificare nuovi progetti da sviluppare con l’obiettivo di ridurre il più possibile scarti e consumo d’energia. Nel 2021 è nato il team di sostenibilità, un gruppo di lavoro multidisciplinare interno composto da rappresentanti delle diverse aree aziendali e da alcune figure di riferimento della direzione: direttore generale, HR manager e CFO.

Il suo compito è quello di valutare i progetti da implementare sulle 4 P che abbiamo identificato come pilastri della sostenibilità aziendale: prodotto; planet (operazioni per efficientare la produzione e ridurre il suo impatto ambientale); purchasing (acquisti) e people (personale).

Vi siete concentrati anche sulla ricerca di materiali green?

La ricerca di materiali eco da proporre ai nostri clienti è stata la diretta conseguenza delle acquisizioni fatte. Il nostro obiettivo era proprio quello di poter inserire a catalogo anche prodotti realizzati con materiale ibrido, per soddisfare le richieste crescenti della clientela. Già oggi siamo in grado di fornire una gamma di prodotti green personalizzati, con un contenuto medio del 30% di materiale riciclato post consumo.

I prodotti green, a chi sono destinati principalmente?

Soprattutto al mercato dell’automotive e a quello degli elettrodomestici grandi e piccoli, a cui forniamo materiali progettati ad hoc per realizzare componenti come le vasche per lavatrici o i basamenti per lavastoviglie. La grande sfida è rappresentata dal settore auto, nel quale stiamo investendo molto in termini di ricerca per arrivare all’obiettivo di raggiungere il 50% di materiale riciclato all’interno di componenti critici, quelli destinati agli interni delle vetture, che devono avere determinate caratteristiche estetiche, di design e di ridotte emissioni olfattive.

Nella ricerca vi state impegnando molto; la nascita di Smart Mold ne è la testimonianza…

Pallet con big bag di riciclato

Vero, si tratta di uno spin-off dell’Università di Padova partecipato al 50% da Sirmax (la restante parte è detenuta da due docenti dell’ateneo veneto del dipartimento di Ingegneria), che assiste i clienti nella progettazione di componenti supportandoli nello stampaggio a iniezione, nella scelta dei materiali e nell’ottimizzazione dei processi. Mission perfettamente in linea con quella di Sirmax.

Devo dire che quella con l’Università di Padova è una collaborazione che portiamo avanti da anni e che, nel tempo, si è dimostrata strategica anche per reperire nuove risorse umane nei dipartimenti di Economia, Ingegneria chimica o dei materiali e Ingegneria meccanica. Giovani da coinvolgere nel business aziendale a vari livelli. Molte delle assunzioni di Sirmax arrivano proprio dalle opportunità offerte dall’Università di Padova e tra queste c’è anche la mia.

Tra i criteri con cui si misura la sostenibilità di un’azienda rientra anche quello sociale. In questo ambito quali attività avete messo in campo?

Ci stiamo confrontando con diverse realtà presenti sul nostro territorio con un ampio ventaglio di progetti che spaziano dal ludico al sociale, come quello che abbiamo realizzato con Quid, cooperativa tessile del veronese la cui manodopera è costituita da persone fragili (ex carcerati da integrare nel mondo del lavoro, o donne con problematiche particolari alle spalle), specializzata nella produzione di collezioni moda realizzate con materiale riciclato.

La cooperativa è nata come spin off di Calzedonia per realizzare nuove collezioni con il riciclo dell’invenduto della griffe. Nuovi prodotti che poi vengono messi in vendita nei negozi della cooperativa. Oggi Quid lavora anche per altri brand noti del tessile e della pelletteria made in Italy. Con loro abbiamo realizzato gadget da regalare ai nostri clienti e ai dipendenti (porta pc, borse, zaini etc.), recuperando a fine evento le tele che usiamo per allestire gli stand delle fiere a cui partecipiamo nel corso dell’anno, altrimenti destinati al macero.

E sul fronte del welfare aziendale?

Esterni del quartier generale di Sirmax a Cittadella (Padova)

Oltre al nostro portale, dove i dipendenti possono trovare un’ampia gamma di convenzioni e servizi, da tre anni partecipiamo all’indagine di Great Place to Work, con buoni risultati. Al di là del posizionamento in classifica, sono convinto che fare un’analisi annuale sul clima aziendale sia un buon punto di partenza per capire quali sono le esigenze delle persone in azienda, in modo da agire di conseguenza con azioni mirate capaci di rispondere alle loro aspettative.

Abbiamo anche introdotto un piano di mobilità interna, tramite il quale, se si apre una posizione in una delle nostre aziende all’estero, prima di interpellare il mercato ci rivolgiamo al personale interno che si mostra interessato a ricoprirla. E sono già diversi i dipendenti che hanno scelto di passare un periodo di lavoro all’estero con l’obiettivo poi di rientrare in sede. Da quest’anno, poi, abbiamo messo a terra un importante progetto che ha come obiettivo quello di allineare le aspettative dell’azienda con quelle del dipendente e andare a creare piani di carriera personalizzati e far crescere i talenti interni.

Quale impatto hanno avuto tutti questi sforzi sul business aziendale?

I nostri dipendenti hanno compreso che tutte le azioni di sostenibilità messe in campo a vari livelli, hanno l’obiettivo di migliorare il clima sul posto di lavoro e l’impatto dell’azienda sul territorio e sull’ambiente. E questo è già un buon risultato. Ma l’attenzione alle tematiche green ha avuto conseguenze positive anche sul business aziendale, perché il cliente ci riconosce un valore aggiunto rispetto ai competitor, vista la nostra capacità di fornire materiale di qualità sia vergine sia green. Una doppia anima che ci sta premiando.

Da quattro anni redigete anche un report di sostenibilità. Quali sono state le difficoltà incontrate?

Una fase di lavorazione del materiale riciclato

Come tutte le nuove iniziative, le difficoltà non sono mancate. Del resto la materia è ampia e complessa. Ma abbiamo superato tali difficoltà perfezionando il modello di anno in anno. Per esempio, per un’azienda come la nostra, che ha sedi in diversi paesi al mondo, la sfida di quest’anno è stata quella di allineare nella stesura del bilancio aziendale il nostro partner indiano, con l’obiettivo di andare a rendicontare allo stesso modo e con le stesse modalità delle realtà europee ed extra europee, per le quali l’attività è stata fatta negli scorsi anni.

Anche per questo motivo, uno degli obiettivi per il 2025, alla luce delle più recenti normative e standard di settore (vedasi la CSRD), è quello di realizzare un corso di formazione focalizzato sulla raccolta dei dati necessari alla redazione del bilancio di sostenibilità da parte dei singoli dipendenti e di tutti gli altri soggetti coinvolti nella stesura del documento. Questo nuovo percorso di training rientrerà in Green force, un ampio progetto che comprende tutti i programmi di sostenibilità previsti dall’azienda.

Altre sfide future?

Sempre per il 2025 il progetto Green Force prevede diversi corsi di formazione interna sulla Corporate Social Responsibility, come quello sulla SA 8000. L’obiettivo finale è raggiungere questa importante certificazione etica nel più breve tempo possibile, per condividere e comunicare a livello internazionale le buone pratiche che il gruppo già porta avanti da anni. Il vero valore di un’impresa.


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