di Roberto Carminati
Prima ancora che la nuova «prova muscolare dell’amministrazione americana» possa «danneggiare violentemente i sistemi economici delle due aree», CNA ha lanciato un allarme sul possibile impatto dei dazi e lo ha però accompagnato con un suo auspicio. Ovvero che, come la Confederazione che rappresenta piccole imprese e artigiani s’è augurata, la mossa di Donald Trump sia solo «finalizzata a ridiscutere i rapporti commerciali fra Stati Uniti ed Europa».
Qualora invece Washington dovesse proseguire «senza tentennamenti» con la linea dura, allora opinione della sigla è che l’UE non possa che cercare di «attutire» il colpo, senza tuttavia rinunciare ad aprire «una nuova fase negoziale». In gioco per il made in Italy c’è un valore pari a 67 miliardi di euro, poiché a tanto ammontano le vendite agli USA dei prodotti tricolori in comparti che vanno dall’arredo, alla meccanica, al pharma.
L’Europa delle materie plastiche chiede pace
Naturalmente anche le materie plastiche sono della partita e le associazioni continentali del settore hanno espresso tutta la loro preoccupazione soprattutto riguardo alle contromisure ai dazi ipotizzate da Bruxelles.
La managing director di Plastics Europe, Virginia Janssen, ha paventato incrementi di costo e quindi impatti dirompenti sulle catene di fornitura, le aziende e i consumatori su ambedue le sponde dell’Atlantico. Solamente nel 2023 è stato indirizzato al Nord America l’11,7% dell’export europeo di plastiche nel suo complesso, per un business da 3,4 miliardi di euro. Al tempo stesso il 22,2% delle importazioni – per 5,3 miliardi – recava targa statunitense. Dal canto suo e già poco prima del Liberation Day del 2 aprile, si era rivolta con forza alle istituzioni del nostro continente European Plastics Converters (EuPC), che dà voce a 46 associazioni nazionali e a 50 mila aziende.
1,6 miliardi di impieghi a rischio
Anche in questa circostanza hanno suscitato perplessità soprattutto le rappresaglie qui proposte in reazione alla politica trumpiana, potenzialmente suscettibili di innescare un effetto domino di «rialzo dei prezzi, riduzione della competitività e perdita di posti di lavoro nell’intera UE». Lo ha detto il direttore esecutivo di EuPC, Paolo Bochicchio, ammonendo che i provvedimenti potrebbero mettere in pericolo il raggiungimento «degli obiettivi ambientali e industriali» che l’Europa si è prefissata. Al centro del suo intervento ci sono stati in particolare i dazi che interesserebbero le importazioni di polimeri. Rappresenterebbero «una minaccia diretta alle attività europee di trasformazione della plastica e quindi al miliardo e 600 milioni di posti di lavoro» che la sua filiera garantisce.
EuPC ha pronosticato un’impennata dei costi delle materie prime a danno di un’industria che per il 95% è fatta da realtà piccole e medie; e il rallentamento degli investimenti in circolarità e riciclo. Ha poi previsto un’invasione di prodotti finiti a basso prezzo, che indebolirebbero la manifattura locale con ricadute sul medicale, l’alimentare, i trasporti e l’edilizia, solo per citarne alcuni.
Quel che è urgente attuare è una cancellazione delle tariffe, che si accompagni all’instaurazione di una stabile catena delle materie prime e al sostegno economico alle PMI. «Non è tempo», ha detto Bochicchio, «di destabilizzare un comparto chiave per la resilienza, la competitività e la sostenibilità dell’UE».