
Realizzare finti bioshopper, con tanto di marchio di compostabilità e conformità alla norma UNI EN 13432:2002, contenenti percentuali non consentite di plastica tradizionale (polietilene – PE): è il nuovo fronte dell’illegalità, portato alla luce dall’indagine effettuata da Legambiente in collaborazione con il CNR di Catania, che insieme hanno messo a punto e utilizzato una nuova metodologia di laboratorio con cui analizzare i bioshopper. Tale procedura analitica d’ora in poi potrà essere utilizzata in modo routinario per migliorare la sorveglianza del mercato e ridurre al minimo i fenomeni di illegalità.
L’importante iniziativa di Legambiente e del CNR di Catania è l’ennesima conferma del grave e diffuso contesto di illegalità in cui si trovano a operare le aziende socie di Assobioplastiche, costrette a competere con imprese che pur di ottenere profitti illeciti arrivano a tagliare i bioshopper con il polietilene, plastica non biodegradabile, non consentita né dalla legge né dalla norma internazionale UNI EN 13432:2002», ha dichiarato Marco Versari, presidente di Assobioplastiche.
Un comportamento che, oltre a compromettere l’immagine di chi opera nella legalità, froda il consumatore, danneggia l’ambiente, la raccolta differenziata dei rifiuti organici e la filiera produttiva della chimica verde. In considerazione di tutto questo – si legge in una nota divulgata oggi da Assobioplastiche – l’Associazione chiederà a Legambiente i dati integrali dell’indagine al fine di valutare ogni più ampia iniziativa di tutela del mercato e dei propri soci.