Senz’ombra di dubbio HolyGrail può essere definito un mezzo per trasformare la raccolta dei rifiuti in plastica in un processo intelligente. Nato ormai quattro anni fa e tuttora in fase di test, il progetto è guidato da Procter & Gamble, con il sostegno dalla Fondazione Ellen MacArthur, e aggrega 29 partner tra cui si contano alcuni dei più importanti gruppi nel settore alimentare e personal care (Nestlè, Pepsico, Danone, L’Oreal, solo per citarne alcuni), produttori di packaging (Mondi), di polimeri (BASF, Novamont) e di sistemi di riciclo (Tomra). Scopo dell’iniziativa è il miglioramento del riciclo di imballaggi post consumo attraverso l’impiego di traccianti chimici e filigrane digitali invisibili all’occhio umano, che potranno aiutare il consumatore al corretto smaltimento e favorire la separazione per tipo di materiale e colore negli impianti di selezione.
Il progetto ruota intorno al concetto che se il packaging è progettato per la circolarità, la sfida del riciclo può essere vinta solo realizzando un flusso di rifiuti di maggiore qualità, dando ovviamente per scontati il corretto coinvolgimento dei consumatori e l’implementazione di un sistema di raccolta adeguato. La collaborazione con realtà come Digimarc, Filigrade e Verstraete, attraverso l’impiego della tecnologia di digital watermarking, ha aperto nuove possibilità non realizzabili con le tecnologie di selezione tradizionali, tra cui:
• distinguere tra imballaggi alimentari e non alimentari;
• identificare correttamente le bottiglie termoretraibili a corpo intero;
• separare gli imballaggi ODR (opachi e difficili da riciclare, compresi quelli di colore nero);
• separare gli imballaggi flessibili distinguendo tra mono e multistrato;
• identificare correttamente i materiali degli imballaggi rigidi multistrato (termoformati, bottiglie…);
• introdurre nuovi materiali senza ostacolare i flussi di riciclo stabiliti e la corretta identificazione degli imballaggi riciclabili rispetto a quelli compostabili;
• capacità di riciclo a circuito chiuso.